L'Idroinquisitore Giuseppe Altamore

L’Europa di fronte alla guerra: la pace è davvero finita?

Per decenni abbiamo vissuto con la convinzione che la guerra, almeno in Europa, fosse un ricordo del passato. Dopo due conflitti mondiali e la Guerra Fredda, il nostro continente si è cullato nell’illusione di una pace duratura. Ma qualcosa, oggi, sta cambiando. E in fretta. Ecco perché faccio un’eccezione e ne parlo in questo spazio.

Un clima internazionale sempre più teso

Nel febbraio 2022 l’invasione russa dell’Ucraina ha segnato una svolta epocale. Non solo per la brutalità del conflitto, ma perché ha rimesso in discussione le certezze geopolitiche che pensavamo consolidate.

Da allora, i segnali di allarme si sono moltiplicati:

Gli scenari possibili secondo gli esperti

Fonti autorevoli come la RAND Corporation, l’Istituto IISS di Londra e lo stesso Comando Supremo della NATO concordano su un punto: non siamo in guerra, ma dobbiamo prepararci all’eventualità. Gli scenari in esame sono diversi:

  1. Conflitto ibrido (altamente probabile): cyberattacchi, sabotaggi, campagne di disinformazione e ingerenze politiche. È già in corso e colpisce infrastrutture e democrazie.

  2. Guerra convenzionale localizzata (possibile): un’escalation nei Paesi baltici, in Moldavia o nel Mar Nero potrebbe degenerare.

  3. Guerra totale NATO–Russia (oggi improbabile, ma non impossibile): se l’Ucraina crollasse e l’Occidente mostrasse debolezza, Mosca potrebbe testare la coesione dell’Alleanza.

La “finestra critica”: 2026–2030

Secondo diversi studi strategici, il periodo compreso tra il 2026 e il 2030 sarà cruciale. Se la Russia riuscirà a riorganizzarsi dopo le perdite in Ucraina e se negli Stati Uniti prevarrà un approccio isolazionista (ad esempio con un ritorno di Trump), l’Europa potrebbe trovarsi sola e vulnerabile.

Parole che pesano

Le parole di alcuni leader europei sono inequivocabili. Emmanuel Macron ha dichiarato:

“Non possiamo escludere l’invio di truppe in Ucraina.”
Un segnale che la soglia dell’irreversibile si sta pericolosamente abbassando.

Prepararsi non significa cedere alla paura

Prevedere la guerra non significa desiderarla. Anzi, la consapevolezza è il primo antidoto al disastro. Oggi l’Europa ha l’obbligo di investire non solo nella difesa militare, ma anche in resilienza civile, diplomazia intelligente e coesione interna.
La vera forza sta nel prevenire il conflitto, senza farsi trovare impreparati.

E noi cittadini?

Dobbiamo uscire dal torpore. Chiedere trasparenza, pretendere che la politica affronti questi temi con serietà, e non solo a ridosso delle elezioni. Informarsi, discutere, reagire. La pace non è un diritto acquisito per sempre. È una scelta quotidiana, collettiva.

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