Giuseppe Altamore

Acquedotti colabrodo

Nella maggior parte delle città italiane l’infrastruttura idrica è soggetta a un forte invecchiamento e deterioramento. In parte, le dispersioni sono fisiologiche e legate all’estensione della rete, al numero degli allacci, alla loro densità e alla pressione d’esercizio, in parte sono derivanti da criticità di vario ordine: rotture nelle condotte, vetustà degli impianti, consumi non autorizzati, prelievi abusivi dalla rete, errori di misura dei contatori. Le dispersioni continuano a essere persistenti e gravose lungo tutto il territorio nazionale, nonostante il miglioramento dell’efficienza dell’infrastruttura idrica costituisca una priorità diffusa e improcrastinabile per molti gestori del servizio idrico, che si sono impegnati negli ultimi anni nel cercare di minimizzare le perdite, individuare quelle occulte, garantire un elevato livello di qualità nella misurazione dei consumi ed effettuare un più assiduo monitoraggio del parco contatori.

Rispetto al volume di acqua che viene prelevato in Italia dalle fonti di approvvigio- namento per uso potabile e tenendo in considerazione anche i 71,7 milioni di metri cubi addotti all’ingrosso per usi non civili dell’acqua fuori dal sistema di distribuzione (in parti- colare, nell’agricoltura e nell’industria), il quantitativo che viene effettivamente immesso in rete si riduce dell’11,6 per cento.

Nelle aree più ricche d’acqua, spesso collocate in zone di montagna, la differenza che si rileva tra il volume prelevato e quello effettivamente immesso in rete è conseguenza degli sfiori nei serbatoi di accumulo, quando l’acqua disponibile ne supera la capacità di contenimento e l’esubero torna in natura. Significative differenze si verificano anche nei casi in cui la rete di adduzione è particolarmente estesa, come per le reti di adduzione del Centro e del Mezzogiorno. La differenza tra i due volumi è, inoltre, maggiormente presente nelle aree in cui è necessario sottoporre l’acqua prelevata a un trattamento di potabilizzazione; durante il processo, infatti, si disperde una parte del volume prelevato.

Una dispersione più contenuta nella fase di adduzione si realizza, invece, qualora l’acqua venga immessa direttamente in rete, quando in pratica la distanza tra il punto di prelievo e quello di consegna è minima, come succede in molte aree del Nord-ovest. Il confronto tra volumi prelevati e volumi immessi in rete, soprattutto se sviluppato a livello regionale, deve tener conto anche degli scambi idrici interregionali (Paragrafo 1.2), conseguenza di situazioni di eccedenza d’acqua prelevata, da un lato, e di insufficienza rispetto alle esigenze idropotabili, dall’altro.

Le perdite idriche della rete di distribuzione si distinguono in:
– perdite totali, ottenute sottraendo i volumi erogati autorizzati ai volumi immessi in rete; – perdite apparenti, dovute a volumi sottratti senza autorizzazione (allacciamenti abusivi) e a volumi erogati, ma non effettivamente misurati, a causa dell’imprecisione o del malfunzionamento dei contatori. Si tratta di un volume stimato dal gestore della rete;
– perdite reali, ottenute come differenza tra le perdite totali e quelle apparenti.

Nel complesso il volume di perdite idriche totali nella rete di distribuzione dell’acqua potabile ammonta nel 2015 a 3,45 miliardi di metri cubi, corrispondenti a una dispersione giornaliera di 9,4 milioni di metri cubi.

Le perdite idriche apparenti stimate in 260,3 milioni di metri cubi di acqua, sono collegate alle caratteristiche dell’area geografica in cui il gestore opera. Ad esempio, nelle aree di montagna il problema principale riscontrato è l’errore di misura dei contatori che si veri- fica soprattutto nei periodi di gelo, in quanto la strumentazione può risentire del freddo. Di contro, nelle aree del Centro-sud sono soprattutto i consumi non autorizzati, quali i prelievi abusivi dalla rete, a incrementare il valore delle perdite apparenti.

Fonte: https://www.istat.it/it/files/2019/10/Utilizzo-e-qualità-della-risorsa-idrica-in-Italia.pdf

Exit mobile version